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25 aprile 1971, cippo di via Maleviste: prima i maoisti poi la cerimonia ufficiale coi revisionisti

Testimonianza di Antonio Cescato, S. Angelo di Treviso, 1947, registrata il 2.5.2015.
«Quando ho finito il militare (1970), ho militato nei gruppi di estrema sinistra che c’erano a Treviso. Ce n’erano diversi. Io militavo nell’APM che era la sigla di Avanguardia Proletaria Maoista
Naturalmente il nemico più odiato era il partito comunista, che era revisionista. Quindi, quando c’era il 25 Aprile, noi ci rifiutavamo di partecipare alle manifestazioni assieme a quelli del PCI che consideravamo revisionisti e andavamo per conto nostro nei luoghi dove erano avvenute le uccisioni dei compagni partigiani. E mi ricordo benissimo che dapprima, di buon mattino, andavamo in via Maleviste a visitare per conto nostro
- In quanti eravate?
Non ho idea, visto che eravamo in pochi noi di Avanguardia Proletaria Maoista. La maggior parte [in APM], erano dei borghesi come estrazione sociale, era tutta gente che stava bene economicamente e credo di essere stato l’unico operaio: mi tenevano come reliquia, non me ne rendevo conto
- Per dire, i nomi?
Mi ricordo di un certo Farina, che dopo è andato come giornalista in Cina: Alberto Farina».
*
PS - Ricordo di aver visto per la prima volta Farina, giovanissimo rappresentante degli studenti del liceo classico Canova di Treviso attorno al 1969-70 sul palco del cinema Arcobaleno/Risorgimento - il cinema della curia che ospitava anche un seguitissimo cineforum diretto da Livio Fantina - mentre arringava gli studenti in sala. Ricordo anche il malevolo commento a quella performance da parte di uno dei tanti professori che avevo incontrato nella mia lunga e disastrosa permanenza fra i banchi delle Magistrali, il prof. Alessandro Tessari, futuro deputato PCI e radicale. Più o meno diceva "Sono capaci tutti a comportarsi così, a dire queste cose, con un padre come il suo alle spalle". Il padre era proprietario di un noto negozio di radio, televisori e affini nei pressi di porta Santi Quaranta.
All’epoca ero un irregolare collaboratore della locale redazione del Gazzettino e per me figlio di contadini dalla salda, ancorché critica, formazione cattolico/democristiana il movimento degli studenti appariva qualcosa di alquanto nebuloso e misterioso; non tanto però da non riuscire a mettere in crisi il mio rapporto col Gazzettino, “giornale dei padroni”.
Rividi Alberto Farina un ventennio più tardi, mentre stavo preparando “Sile, alla scoperta del fiume”. Alberto era un affermato redattore di ATLANTE rivista della De Agostini e venne a casa mia proponendomi di scrivere un articolo sul Sile. Vistomi recalcitrante, riuscì a convincermi con un argomento che non faceva una piega: “Ma guarda che alla fine ti prenderai un milione di lire lavorando al massimo 15 giorni”. Così preparai il pezzo, che uscì sul numero di luglio 1988 di ATLANTE con il titolo “Questo fiume è un vero gentiluomo”, puntualmente pagato con la cifra pattuita.
Rividi un’altra volta Alberto in Calmaggiore, durante una delle mie proficue vendite di libri prenatalizie nel cuore della città.
Parlammo un attimo della sua giovinezza rivoluzionaria e si augurò che un giorno venisse fatta una storia del movimento studentesco e del ’68 trevigiani.
Non lo rividi più e passati tre lustri venni a sapere della sua prematura morte.
Consulto ora Google, mentre sto preparando questo minuscolo frammento di storia di quegli anni, e noto che di Farina, diciassettenne “contestatore globale” nella città di Signore&Signori, non c’è traccia se non nel brevissimo ritratto che ne fa il giornalista e scrittore Paolo Bianchi nella sua “Stanza senza chiave”:
«Alberto Farina
24/03/2005
Ieri è mancato il mio amico Alberto Farina. Aveva 52 anni. Era un bravo giornalista. Una persona intelligente. Non lo vedevo dall'estate scorsa. Me ne ha insegnate, di cose, non credo che mi dimenticherò di lui».
Bel ritratto davvero.
Ma tropo poco.

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3 мая 2015 г. 1:15:22
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