Quando MALDINI diede il suo ADDIO 》e SAN SIRO lo FISCHIÒ

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È il 31 maggio 2009. Il Milan ha appena battuto la Fiorentina grazie a Kaká e Pato. È l’ultima partita della stagione. I rossoneri si aggiudicano l’accesso alla Champions League, conteso proprio con la Viola. Gli occhi di tutti però sono puntati su un evento ben più importante: Paolo Maldini ha appena concluso una delle carriere migliori della storia del calcio. Quello che è stato e sempre sarà uno dei difensori più forti di sempre, dà il suo addio al pallone. Il Franchi è una vera bolgia. Tutti sono in piedi ad applaudire un campione eterno, tra i più influenti nella storia del calcio italiano e mondiale. Il palmares parla da sé: sette Scudetti, una Coppa Italia, cinque Supercoppe Italiane e la bellezza di cinque Champions League in bacheca, con tanto di primato di finali giocate, otto. In più due Coppe Intercontinentali, un Mondiale per club e un secondo posto alla coppa del mondo nel ’94; il tutto condito dal record di maggior numero di presenze in Serie A, superato solo da Buffon.
I giocatori fiorentini mettono il pallone fuori da campo per dedicare al numero 3 la standing ovation che si merita. Nessuno si astiene dal lodare il campione, qualcuno piange. Chiunque sta elogiando il capitano: i compagni in panchina, gli amici e la famiglia in tribuna e soprattutto i tifosi. "Ho un ricordo vivo di quella giornata, i tifosi viola mi tributarono un grande applauso. Sono una bandiera del Milan, ma l’aver giocato con la Nazionale mi ha aiutato a entrare nel cuore di tifosi di altre squadre di tutta Italia, sono molto orgoglioso di questo". Dirà qualche anno dopo. L’applauso a Firenze è la fine di una storia d’amore durata venticinque anni. Maldini e Milan, Milan e Maldini. Nella gioia e nel dolore. Nella buona e nella cattiva sorte. E come in tutte le grandi storie d’amore il finale è agrodolce.

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