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Dalla SERIE B allo SCUDETTO ||| La FAVOLA della SAMPDORIA

In collaborazione con UC Sampdoria

Scritto e prodotto da
Giulio Incagli
Gianluca Fraula
Stefano Bagnasco

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La Superba, Francesco Petrarca fu il primo a chiamarla così. Per il suo portamento elegante e maestoso, visibile solo a chi la osservava dal mare. Genova è unica, gelosa come nessuna delle proprie ricchezze, degli angoli che tiene nascosti agli occhi inesperti di un forestiero. È una città schiva, un po’ timida e follemente orgogliosa. Forse più dei suoi difetti che dei suoi pregi. Ed è proprio questo senso smodato di appartenenza, questa chiusura mentale anche verso il potere di Milano e Torino, che le ha permesso, 30 anni fa, di diventare il teatro dell’ultima vera favola del calcio italiano: la Sampdoria di Paolo Mantovani.
A Genova, fino al 1946, oltre al Genoa dei 9 scudetti, vinti tutti tra il 1898 e il 1924, c’erano altre due squadre: la Sampierdarenese e l’Andrea Doria. La prima era iscritta al campionato di Serie A, ma versava in condizioni economiche disastrose, la seconda era stata esclusa dalla massima serie, ma al contrario disponeva di ampia liquidità e aveva comprato giocatori di primo livello. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, a Sampierdarena, in uno dei quartieri più poveri e popolosi della città, all’interno dello storico Bar Roma, i soci della Sampierdarenese si riunirono per decidere se fondersi o meno con l’Andrea Doria. Nei primi 40 anni di storia, la Samp non riuscì mai ad alzare neanche un trofeo, retrocedendo in Serie B in due occasioni. Il fondo venne toccato nel 1978, quando ottenne il peggior risultato della propria storia, piazzandosi al 9° posto nel campionato cadetto.
“Genova non avrà mai più una grande squadra”.
La frase di Edmondo Costa, presidente della Samp in quella stagione, dev’essere risuonata per giorni nella testa di Paolo Mantovani. In effetti, gli anni in cui Genova comandava il calcio italiano erano ormai un lontano ricordo, il livello della Serie A si era alzato sempre di più e i dirigenti blucerchiati pensavano fosse impossibile vedere un giorno la Sampdoria tra le grandi.
Beh, si sbagliavano di grosso. Non potevano ancora saperlo, ma c’era un signore con le idee chiare e sogni enormi, pronto a condividerli con un popolo intero.
Esistono uomini in grado di cambiare il corso delle cose. Talmente coraggiosi da mettere in discussione la storia e riscriverla a loro piacimento. Paolo Mantovani è uno di questi.
Nato a Roma, si trasferì a Genova a 25 anni per non lasciarla più. Il percorso che lo ha portato a diventare presidente della Sampdoria meriterebbe un documentario a parte. Malato di calcio e tifoso laziale, entrò nella Samp come addetto stampa tra il ‘73 e il ’76, ben presto però capì i limiti e i problemi di una società di calcio. Secondo lui gestita con troppa leggerezza e scarsa professionalità. Decise di mollare e investire tutta la sua vita nella carriera imprenditoriale. In poco tempo divenne un petroliere potente e ricchissimo, e quando nessuno ci credeva, a pochi mesi da quella dichiarazione di Edmondo Costa che aveva fatto infuriare Genova, acquistò la Sampdoria in Serie B il 3 luglio 1979. Il giorno della svolta nella storia del Doria.

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19 мая 2021 г. 16:45:01
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