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Il Faraglione più alto d'Europa e il monumento naturale Laveria la Marmora Sardegna 4k

Eternals by Alex-Productions : https://youtu.be/R8XOrESnTFI
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Pan Di Zucchero:

Contemplare al tramonto l’imponente roccia che si erge dal mare a pochi metri dalla costa, accresce la meraviglia: la luce solare si irradia dalla sagoma calcarea con tutte le tonalità del giallo e dell’arancio. Pan di Zucchero è uno dei monumenti naturali più imponenti e spettacolari dell’Isola, simbolo della costa di Iglesias. Il nome deriva dalla somiglianza con il celebre Pão de Açúcar della baia di Rio de Janeiro e ha sostituì già nel XVIII secolo l’originario nome sardo Concali su Terràinu. Lo raggiungerai in gommone o barca dalla magnifica insenatura di Masua, frazione costiera iglesiente distante due chilometri e mezzo.

Compiuta l’impresa non semplice di raggiungerne le pareti rocciose, gli appassionati di climbing, con attrezzatura e supporto di guide specializzate, possono scalare i suoi 133 metri: è il faraglione più alto del Mediterraneo. Dalla cima dominerai con lo sguardo i tre ‘fratelli minori’ accanto, due detti s’Agusteri e il Morto, il più meridionale. I quattro faraglioni di Masua sono strutturalmente omogenei e collegati, parte integrante del monumento: il loro colore bianco-ceruleo spicca sulla costa antistante dalla tinta violacea. Sono composti da calcare cambrico, chimicamente quasi puro, originati dall’erosione marina che ne ha generato il distacco dalla terraferma, precisamente dalla falesia di punta is Cicalas: il tratto di 300 metri di mare che li separa è spesso impervio.

Pan di Zucchero ha una forma massiccia e arrotondata. Fenomeni carsici hanno traforato la sua superficie (meno di quattro ettari) a gradini piatti, generando due grotte a forma di galleria. Si aprono al livello del mare, lunghe rispettivamente 20 e 25 metri, entrambe habitat di uccelli marini, una attraversabile con piccole barche. Di fronte all’isolotto si affaccia, magicamente sospeso a metà della parete rocciosa a strapiombo, lo sbocco a mare del tunnel minerario di Porto Flavia. È l’estremità più visibile di un avveniristico complesso di gallerie sotterranee che terminano in una costruzione scolpita nella scogliera a inizio XX secolo. Da qui i minerali erano caricati direttamente sulle imbarcazioni mercantili. Ai piedi della miniera ecco la grotta del Soffione, così chiamata per l’effetto delle onde che si insinuano nella sua cavità e ‘rimbalzano’ con grossi spruzzi. Mentre a fianco dei ruderi minerari c’è la spiaggetta di Porto Flavia: dal piccolo lido, meta di appassionati di immersioni, ti brillerà negli occhi il contrasto cromatico tra il bianco-grigiastro della roccia calcarea del gigante marino, azzurro e blu del mare e verde di una pineta attorno.
LAVERIA LA MARMORA:
La Laveria Lamarmora si affaccia sul mare, sembra quasi uscire fuori dalla roccia, e si fa notare per le dimensioni monumentali e per l’architettura ricercata, di stile neomedievale. Costruita nel 1897, qua si lavorava il piombo e lo zinco proveniente dalle miniere attorno. Impressionante anche per il contrasto cromatico tra il giallo delle pietre della laveria e il viola della scogliera. Venne lentamente abbandonata a partire dagli anni ’30 del Novecento. Ci lavoravano soprattutto donne.

Nei primi anni del ‘900 Nebida arrivò ad avere tremila abitanti, quasi tutti impiegati nelle miniere. Oggi solo qualche centinaio, e si campa più che altro di turismo. La mattina visitiamo la Laveria La Marmora, magnifico fantasma giallo-arancione sulle scogliere viola di Nebida. Scopriamo che questa roccia rosso-violacea che ci accompagna da ieri ha un buffo nome: “puddinga ordoviciana”. La Laveria, vista dal mare, sembra un minerale incastonato nella roccia ed è uno dei più suggestivi monumenti di archeologia industriale dell’isola. Da terra, a piedi, è praticamente nascosta e si svela lentamente, mentre si scende lungo il declivio dove un tempo passavano i vagoni sui binari. Come di tutte le cose grandi e nascoste, non possiamo che vederne un pezzetto per volta e immaginarla nella sua interezza.

Se non sapessimo cos’è, la Laveria potrebbe sembrare un edificio sacro, così maestosa, con tutte quelle volte: una cattedrale a strapiombo sul mare. In realtà qui avveniva la cernita e il lavaggio dei minerali, attività svolta soprattutto dalle donne. In piedi o in ginocchio, con le mani nell’acqua e nei metalli, separavano il minerale buono dagli scarti. Lavorare tutto l’anno in mezzo ad acqua e fanghiglia, davanti al mare, voleva dire vivere nell’umidità perenne. C’era una pausa di mezz’ora, dove mangiavano un pezzetto di pane. Era vietato parlare durante il lavoro. Su Internet trovo una foto delle donne all’opera nella cernita: veli neri in testa, sguardi concentrati sulle pietre che passano sul nastro trasportatore.

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18 ноября 2022 г. 18:00:42
00:03:20
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