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Alessandro Barbero UMANITA' E STORIA solo audio HD

«Il fatto fondamentale dell’esistenza umana è l’uomo con l’uomo. Ciò che caratterizza in modo peculiare il mondo degli uomini è innanzi tutto il fatto che qui, tra essere ed essere, intercorre qualcosa che non ha l’eguale nella natura.» Queste due frasi compaiono verso la fine del Problema dell’uomo di Martin Buber, originariamente un corso tenuto dall’autore a Gerusalemme nel 1938, pubblicato in ebraico nel 1943, in inglese nel 1947 e in tedesco nello stesso anno, tradotto dal tedesco in italiano nel 1954 e ora riproposto in un’edizione riveduta da Marietti 1820. In esse si esprime con chiarezza quel che incondizionatamente ed entusiasticamente approvo del suo pensiero e quel che ne rifiuto con altrettanta fermezza.
Quel che approvo è la sua filosofia dell’incontro e del dialogo: un incontro privo di struttura e contenuto fra due esseri che si aprono l’uno all’altro, senza qualificarsi o oggettivarsi, impegnandosi reciprocamente in modo totale e correndo il rischio di un rifiuto. L’idea di questo incontro è al centro del capolavoro di Buber, Io e tu, ed è formulata con eloquenza nel Problema dell’uomo, poco dopo le frasi citate sopra: «In una reale conversazione (in cui ciascuno parli direttamente a un altro e ne susciti l’imprevedibile replica), in una reale lezione, in un reale abbraccio, che non sia una convenzione abituale, in un duello reale, e non fatto per gioco – in tutto questo, l’essenziale si compie non nell’uno e nell’altro dei due partecipanti, né in un mondo neutro che li comprende tutti e due insieme ad ogni altra cosa, ma, nel senso più preciso, tra i due, in una dimensione che è accessibile soltanto a loro due».
Nel Problema dell’uomo, però, c’è anche dell’altro; anzi, questo libro non avrebbe ragion d’essere se dovesse solo ripetere le lezioni del precedente. C’è un percorso storico che, come si addice al contesto universitario in cui ha avuto origine, traccia lo sviluppo di un problema da Agostino a Pascal a Kant e, in epoca contemporanea, a Nietzsche, Heidegger e Scheler. Il problema dell’uomo, appunto, che però non è tanto quello dell’esperienza o della forma di vita umane quanto, soprattutto, quello dell’unicità dell’uomo, dell’assoluta novità da lui rappresentata nella natura, che lo porta a distaccarsene in modo radicale: «non c’è nulla d’umano che appartenga interamente alla natura e si possa capire solo partendo da essa. Persino la fame dell’uomo non è la fame d’un animale».
Ermanno Bencivenga
“Il Sole 24 Ore”

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10 декабря 2020 г. 11:15:00
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