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2. Spinoza: la concezione di filosofia

Partiamo con il dire che l’opera in cui emerge la sua concezione di filosofia è il Trattato sull’emandazione dell’intelletto completata da Spinoza nel 1661. In questo scritto, e soprattutto nell’introduzione, che è la parte forse più bella dell’opera, Spinoza ritiene che la filosofia sia la strada per poter salvare la propria esistenza. La filosofia è quindi la via per la salvezza esistenziale e questa concezione nasce da una forte delusione del filosofo riguardo ai valori della vita che viviamo tutti i giorni che lo spingono a ricercare il bene con la B maiuscolo, il bene supremo che non possiamo trovare nei valori di tutti i giorni ma che possiamo invece trovare percorrendo la via della filosofia.

A tal proposito ti leggo questo splendido passo di quest’opera:
“Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato che tutte le cose che occorrono nella vita comune sono vane e futili, e dopo che ebbi visto che tutti i beni che temevo di perdere e tutti i mali che temevo di ricevere non avevano in sé nulla né di bene né di male, se non in quanto l’animo ne era turbato, stabilii finalmente di cercare se non si desse qualcosa che fosse un vero bene, capace di comunicarsi a noi e da cui soltanto, abbandonate tutte le altre cose, l’animo fosse mosso”.

Il bene vero non è, quindi, quello che si trova nella vita quotidiana perché i beni che vengono costantemente ricercati dall’essere umano quali, per esempio, le ricchezze, gli onori e i piaceri dei sensi sono vani e futili, come dice lui stesso nel passo che abbiamo appena letto. Lo sono per tre motivi, sostanzialmente:
1. innanzitutto perché questi beni non portano ad un appagamento vero e completo. L’animo umano non viene appagato così come non vengono appagati i bisogni profondi dell’uomo che rimangono inascoltati
2. in secondo luogo, questi beni sono passeggeri ed esteriori
3. infine, questi beni non portano alla felicità ma all’inquietudine l’uomo

Attenzione, però, questo è un passaggio importante. Non è che Spinoza condanna in toto i beni terreni (i beni finiti). Lui condanna il fatto che noi esseri umani li scambiamo spesso per il sommo bene quando in realtà non lo sono. Quindi, questi beni non sono da demonizzare ma non devono portarci fuori da quella via che ci porta verso il sommo bene. insomma, l’uomo deve uscire dalla strada del finito per percorrere la via dell’infinito che lo porterà a conoscere il sommo bene. Questo viaggio di catarsi esistenziale e intellettuale è un viaggio verso l’eterno e, come dice lui stesso, “l’amore per la cosa eterna ed infinita, riempie l’animo di pura letizia e lo rende immune da ogni tristezza”. Ma cos’è per Spinoza “la cosa eterna ed infinita”? è Dio come sostenevano filosofi cristiani come Agostino? In realtà no, non è Dio ma il cosmo. È il cosmo quella cosa eterna e infinita e la gioia suprema è data dall’”unione della mente con la natura”.

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A presto. Dott.ssa Laura Pirotta, psicologa clinica.

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20 ноября 2020 г. 22:00:07
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