La figura di Prometeo - Emanuele Severino (1993)
"Téchne d'anánkes asthenéstera makrô."
Nell’ambito del progetto Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche (EMSF) della Rai, Renato Parascandolo intervista il filosofo Emanuele Severino sulla figura del Titano Prometeo, in occasione di una conversazione dedicata al cosiddetto “Inno a Zeus” contenuto nella tragedia “Agamennone”, la prima della trilogia “Orestea” di Eschilo. Il filosofo sottolinea la comune visione di Prometeo quale salvatore dell’uomo, ma mette in dubbio l’idea che il tragediografo approvi questa interpretazione; egli cita quindi alcuni passi del “Prometeo incatenato” di Eschilo, soffermandosi sull’espressione “cieche speranze”, formula usata per intendere i doni che il Titano ha fatto all’uomo, oltre a quello del fuoco; seguono cenni sul coro delle Oceanine presente nella tragedia e la citazione di un verso pronunciato dal protagonista: “la tecnica è troppo più debole della necessità”. Severino adduce quindi l’ipotesi secondo cui Prometeo squalificherebbe quella stessa tecnica di cui lui è portatore, ammettendo di aver commesso un errore. Da ciò il filosofo desume un rovesciamento di prospettiva rispetto alle virtù positive del Titano da sempre ascritte alla visione eschilea, rovesciamento che peraltro può essere applicato anche al significato di tutte le altre divinità ctonie e olimpiche descritte nell’”Orestea”.
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Nell’ambito del progetto Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche (EMSF) della Rai, Renato Parascandolo intervista il filosofo Emanuele Severino sulla figura del Titano Prometeo, in occasione di una conversazione dedicata al cosiddetto “Inno a Zeus” contenuto nella tragedia “Agamennone”, la prima della trilogia “Orestea” di Eschilo. Il filosofo sottolinea la comune visione di Prometeo quale salvatore dell’uomo, ma mette in dubbio l’idea che il tragediografo approvi questa interpretazione; egli cita quindi alcuni passi del “Prometeo incatenato” di Eschilo, soffermandosi sull’espressione “cieche speranze”, formula usata per intendere i doni che il Titano ha fatto all’uomo, oltre a quello del fuoco; seguono cenni sul coro delle Oceanine presente nella tragedia e la citazione di un verso pronunciato dal protagonista: “la tecnica è troppo più debole della necessità”. Severino adduce quindi l’ipotesi secondo cui Prometeo squalificherebbe quella stessa tecnica di cui lui è portatore, ammettendo di aver commesso un errore. Da ciò il filosofo desume un rovesciamento di prospettiva rispetto alle virtù positive del Titano da sempre ascritte alla visione eschilea, rovesciamento che peraltro può essere applicato anche al significato di tutte le altre divinità ctonie e olimpiche descritte nell’”Orestea”.
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