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NELLA PATRIA DEL FRIULI. SUL LAGO DEL VAJONT

Una passeggiata invernale tra le sponde del lago del Vajont. Dove una volta c'erano case, stalle e fienili, una vita povera ma vivace, ed ora ci sono croci e lapidi come in un cimitero. Qualche rudere ogni tanto, qualche lacerto di muro. Testimonianze di una storia, di un modo di vivere, di una civiltà che sono stati letteralmente spazzati via la notte del 9 ottobre 1963. La notte in cui, come scrisse Dino Buzzati: “Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi”.
Ad accompagnarmi è Ugo Manarin, da Casso, uno dei due paesi della vallata. A Fraseign, una borgata di Casso, l'onda mostruosa sollevata dalla frana del monte Toc, ha fatto sparire nel nulla dieci componenti della sua famiglia, la nonna paterna, zii e cugini. Lui fu salvato...dalla scuola.
Contrariamente a quanto avveniva in estate, infatti, quella notte dormì in paese per arrivare puntuale in aula l'indomani mattina. E dopo il disastro, costato oltre 2000 vittime e l'impressionante sconvolgimento fisico dell'intera vallata, ci fu il frettoloso evacuamento della mattina dopo. La più gran parte degli abitanti di quei paesi poterono tornare alle proprie case solo ad anni di distanza. Per chi non morì quella notte la vita cambiò irreversibilmente dalla sera alla mattina.
Piergiorgio Grizzo

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12 августа 2019 г. 0:11:31
00:07:26
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