Bruegel/Bach - In ricordo di Andrej Tarkovskij
- Pieter Bruegel il Vecchio, "Cacciatori nella neve" (1565), Kunsthistorisches Museum/Vienna
- Johann Sebastian Bach, "Orgelbüchlein" (1708-1713), "Ich ruf' zu dir, Herr Jesu Christ", BWV 639, Helmut Walcha/organo.
Amo Bruegel più di tutti gli altri pittori del Cinquecento (e in assoluto) perchè è il più affine alla mia sensibilità laica. Perché, diversamente dagli altri pittori cinquecenteschi (rinascimentali e manieristi), rinuncia al «repertorio di immagini tradizionali, conformi ad una concezione categoriale e legalitaria del mondo (iconografie di santi, ritratti di principi)» e rappresenta la vita del suo tempo. E questa vita trasferisce «dal piano della storia ufficiale a quello della esperienza umana vista nella sua interezza, comprendente perciò anche i comportamenti prelogici (la follia, l'immaginazione onirica, l'infanzia), il mondo primitivo e le classi subalterne prive di diritti sociali, annegate nella miseria provocata dall'invasione spagnola e dalle vessazioni dell'inquisizione. Ridotta alla condizione servile, taglieggiata dalla guerra di rapina condotta nei Paesi Bassi in nome della Fede, questa umanità è ritratta da Bruegel dentro un "paeseggio lontano" che attenua nella "fuga" idillica la tragicità degli eventi: in quel paesaggio il pittore proietta la forma simbolica di una realtà ventura, immaginata come natura innocente che si contrappone alla storia, sola responsabile del male. Bruegel imposta il problema del realismo in senso nuovo: si disinteressa del ritratto, trascura la caratterizzazione della personalità individuale e si concentra sui caratteri psicologici collettivi, tipizzati secondo le varie classi sociali, nel quadro di una generale desacralizzazione della vita.»
Questa la grandezza di Pieter Bruegel 'il Vecchio'.
Citazione tratta da: A. Frezzato, "Andrej Tarkovskij", Firenze, La Nuova Italia, 1977 (Il Castoro Cinema, 48), p. 93.
Видео Bruegel/Bach - In ricordo di Andrej Tarkovskij канала Franco Ciappi
- Johann Sebastian Bach, "Orgelbüchlein" (1708-1713), "Ich ruf' zu dir, Herr Jesu Christ", BWV 639, Helmut Walcha/organo.
Amo Bruegel più di tutti gli altri pittori del Cinquecento (e in assoluto) perchè è il più affine alla mia sensibilità laica. Perché, diversamente dagli altri pittori cinquecenteschi (rinascimentali e manieristi), rinuncia al «repertorio di immagini tradizionali, conformi ad una concezione categoriale e legalitaria del mondo (iconografie di santi, ritratti di principi)» e rappresenta la vita del suo tempo. E questa vita trasferisce «dal piano della storia ufficiale a quello della esperienza umana vista nella sua interezza, comprendente perciò anche i comportamenti prelogici (la follia, l'immaginazione onirica, l'infanzia), il mondo primitivo e le classi subalterne prive di diritti sociali, annegate nella miseria provocata dall'invasione spagnola e dalle vessazioni dell'inquisizione. Ridotta alla condizione servile, taglieggiata dalla guerra di rapina condotta nei Paesi Bassi in nome della Fede, questa umanità è ritratta da Bruegel dentro un "paeseggio lontano" che attenua nella "fuga" idillica la tragicità degli eventi: in quel paesaggio il pittore proietta la forma simbolica di una realtà ventura, immaginata come natura innocente che si contrappone alla storia, sola responsabile del male. Bruegel imposta il problema del realismo in senso nuovo: si disinteressa del ritratto, trascura la caratterizzazione della personalità individuale e si concentra sui caratteri psicologici collettivi, tipizzati secondo le varie classi sociali, nel quadro di una generale desacralizzazione della vita.»
Questa la grandezza di Pieter Bruegel 'il Vecchio'.
Citazione tratta da: A. Frezzato, "Andrej Tarkovskij", Firenze, La Nuova Italia, 1977 (Il Castoro Cinema, 48), p. 93.
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